Vivere occasionalmente uno stato d’ansia fa parte della vita. L’ansia può infatti avere una funzione positiva, aiutandoci a rimanere concentrati, vigili, reattivi di fronte alla risoluzione dei problemi. Ma quando supera un certo limite può avere delle conseguenze negative sulla nostra vita e dare origine ad un vero e proprio disturbo.
Le persone che soffrono d’ansia provano spesso un’intensa, eccessiva e persistente preoccupazione e paura nella quotidianità. Spesso queste sensazioni, che possono interferire pesantemente con le normali attività, raggiungono un picco in pochi minuti (attacchi di panico). Gli attacchi sono difficili da controllare, sono sproporzionati rispetto al pericolo reale e possono durare a lungo, creando un notevole stress in chi li sperimenta.
L’ansia può rappresentare un tratto primario del nostro carattere o scaturire come reazione ad una serie di condizioni (personali, sociali, mediche, psichiatriche). Se non trattati per tempo e opportunamente, i disturbi d’ansia (che insieme ai disturbi depressivi sono i disturbi psicologici più diffusi tra la popolazione) tendono inoltre a cronicizzarsi, portando come conseguenza ad un peggioramento della nostra qualità di vita.
A differenza della paura, che è una normale reazione verso una minaccia reale, l’ansia spesso scaturisce da una distorsione cognitiva o emotiva, oppure può essere scatenata da stimoli esterni che normalmente non dovrebbero creare eccessiva preoccupazione (ad esempio agorafobia, claustrofobia, fobie specifiche verso oggetti o animali ecc.)
Inoltre, lo stato ansioso innesca reazioni psicosomatiche come nervosismo, confusione mentale, sudorazione, alterazione del ritmo sonno-veglia, senso di debolezza, difficoltà respiratorie, sensazione di pericolo imminente, torpore, tachicardia, iperventilazione, senso di nausea, vomito, diarrea.
Esistono in realtà diversi tipi di attacchi d’ansia, che vanno dal disturbo d’ansia generalizzato, alla fobia sociale, al disturbo ossessivo-compulsivo, al disturbo post-traumatico da stress, sino ai veri e propri attacchi di panico.
QUANTI TIPI DI DISTURBI ANSIOSI ESISTONO?
Leggendo il DSM-5, il manuale che classifica i disturbi psicologici/psichiatrici, scopriamo che in realtà il termine “ansia” descrive una serie di patologie differenti:
- Disturbo d’ansia da separazione
- Mutismo selettivo
- Fobia specifica
- Disturbo d’ansia sociale
- Disturbo di panico
- Agorafobia
- Disturbo d’ansia generalizzata
La componente ansiosa è presente anche nel Disturbo ossessivo-compulsivo, nel Disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e nel Disturbo da ansia di malattia (Ipocondria), che nel DSM-5 vengono però classificati separatamente.
Al fine di diagnosticare il disturbo specifico di cui un paziente soffre, medici e psicologi si avvalgono principalmente del colloquio clinico, talvolta abbinato all’uso di test. L’osservazione clinica del soggetto (che può ad esempio presentarsi in uno stato di agitazione psicomotoria) e un’accurata anamnesi sono inoltre fondamentali per giungere ad una diagnosi precisa.
DIFFERENZA TRA ANSIA E ATTACCHI DI PANICO
Talvolta le persone confondono lo stato ansioso, che in genere perdura nel tempo e coinvolge anche una serie di distorsioni cognitive e comportamentali, con l’attacco di panico. L’attacco di panico comporta uno o più episodi di improvvisi sentimenti di intensa ansia, paura o terrore che raggiungono un picco in breve tempo (tra i cinque e i venti minuti). Chi li vive può provare una sensazione di morte imminente, mancanza di respiro, dolore toracico o tachicardia, tanto che spesso le persone li confondono con un possibile infarto. Anche negli attacchi di panico si osservano reazioni di evitamento delle situazioni in cui si sono verificati.
Dopo un attacco di panico, la cui remissione avviene in genere spontaneamente, ci si sente normalmente spossati, confusi ed allarmati, proprio a causa della sua intensità, imprevedibilità e rapidità. Alcuni sintomi possono tuttavia persistere anche dopo l’attacco, come il timore per la propria vita, la sensazione di mancanza di controllo o un’ansia anticipatoria generalizzata, accompagnati dalla paura che l’attacco possa ripresentarsi.
La frequenza con cui si manifestano definisce la gravità del disturbo, tanto che nei casi più frequenti si parla di un vero e proprio “disturbo da panico”.
Secondo il DSM-5 la diagnosi di disturbo di panico è possibile se sono presenti almeno 4 dei seguenti sintomi:
- palpitazioni o tachicardia
- sudorazione
- tremori
- sensazione di fiato corto o di fatica nel respirare
- sensazione di soffocamento
- dolore retrosternale
- nausea o dolori addominali
- vertigini, sensazione di instabilità, testa leggera o sensazione di svenimento
- brividi o vampate di calore
- parestesie (sensazioni di formicolio o di intorpidimento)
- derealizzazione (sensazioni di irrealtà) o depersonalizzazione (sentirsi separato da se stesso)
- sensazione di perdita del controllo o di “diventare matto”
- paura di morire
Per almeno un mese il soggetto presenta inoltre una persistente paura e preoccupazione di avere altri attacchi di panico, con conseguenze sulla sua qualità di vita.